oggi voglio parlarvi di “ Messere lo finocchio”
Finocchio, occhio fino.. già il nome ci svela come questa meravigliosa pianta ci aiuta a “prendere bene le misure”, difatti il finocchio sia selvatico che coltivato è un potente protettore a livello emozionale, è di segnatura mercuriale e agisce riguardo tutto ciò che muove l’aria in noi (movimento, respirazione, pensieri e parole). Famoso perché stimola le montate lattee nelle puerpere. È considerata una pianta diuretica, digestiva, carminativa, stomachica, antiflogistica (salva dalla scoreggia) e rinfrescante. È il correttore dei disordini intestinali e disinfettante profumatissimo. È molto aromatico e dolce, in cucina corregge e ammorbidisce i sapori sgradevoli o troppo forti. Del finocchio si usano i semi, i fiori, le barbe, la radice e il frutto. I semi di finocchio placano la fame, ma non abusatene.
Vi svelo perché viene detto seme dell’inganno: si narra che in passato chi faceva il vino teneva per sè il vino buono e vendeva il vino triste. Per riuscirci accompagnava il vino con pani o taralli ai semi di finocchio e fette di finocchiona (carne salata conservata con semi di finocchio), l’anetolo e il limonene contenuti nei semi anestetizzano talmente le papille gustative che qualsiasi cosa beviate o mangiate dopo, non ne coglierete appieno il sapore. Ecco da dove deriva il termine infinocchiare..
Insalatina di ceci con dadolata di cruditè, finocchietto e pompelmo: (i ceci avrete avuto cura di cuocerli con l’alloro o e con semi di finocchietto onde evitare spiacevoli inconvenienti per chi non è abituato a consumare i legumi). Tagliate a cubetti tutte le verdure crude che preferite, scegliete la quantità e la qualità a vostro piacere, non dimenticate il bianco finocchio e la sua verde barba, lavorate sul colore che porterà allegria sulla vostra tavola. Poi svestite un pompelmo avendo cura di eliminare tutte le cuticole bianche che sono amare, unite i ceci cotti, la dadolata di cruditè, condite con buon olio evo, finocchietto in semi e se volete un po’ di acidulato di umeboshi. Una volta condita l’insalata versateci sopra una dolce melagrana sgranata. Questa insalata invernale vi stupirà per il profumo, il sapore e la sua bellezza.
Sorpresa di finocchi, topinambur e castagna con croccantezza di noci: mettete in padella un finocchio tagliato a listarelle grossolane, qualche topinambur pelato e tagliato a quadrotti e fate stufare con un filo d’olio e un dito di acqua. Dopo circa 10’ salate e aggiungete una tazza di castagne lessate e pelate, saltate velocemente scoperchiando la padella, alzando la fiamma e aromatizzate lievemente con un trito di rosmarino e salvia, dovete dargli appena il sentore di queste due preziose aromatiche. Se vi piace provate una spolverata di cannella. Una volta ritirate le verdure dal fuoco cospargete con un trito di barbe di finocchio crude e qualche gheriglio di noce spezzettato grossolanamente. Servite calde o tiepide.
Insalata invernale: ceci, finocchi, castagne e mele… pare quasi una ricetta magica. Tagliate un finocchio a listarelle grossolane e conservatene la barba, la useremo alla fine della ricetta. Unite all’insalata di finocchi dei ceci lessati che avrete avuto cura di cuocere con alloro e finocchietto, onde evitare spiacevoli inconvenienti per chi non è abituato a consumare legumi, delle castagne lessate e ben pulite, una bella mela rossa lavata e non sbucciata tagliata a quadrotti, una tazza di chicchi di melograna sgranata, una manciata copiosa di semi oleosi misti (sesamo, girasole, zucca, lino, grano saraceno, in commercio si trova già fatta, commercializzata da una nota buona-marca di alimenti bio), un cucchiaio di acidulato di umeboshi e tre giri di buon olio evo. Non dimenticatevi il tocco finale, ovvero un cucchiaino di semi di finocchio pestati al mortaio. Mischiare con gesti larghi e circolari questa meravigliosa e ricca insalata, e quando ogni piccola parte sarà condita e ben amalgamata col resto, spolverare con la barba di finocchio tritata. La barba di finocchio richiamerà alla vostra memoria la bellezza del finocchietto selvatico! Se ne avrete conservato un ramo a fine estate, ora potete adoperarlo per mischiare questa meraviglia… o per girare una zuppa, o semplicemente per guardarlo infilato nel bicchiere dei cucchiai di legno e attendere il calore della primavera per rivederlo prosperare e crescere. Volendo questa insalata si può consumare sia cruda, che cotta. Resterete estasiati dalla meraviglia di questo piatto!
Mattonella di Castagnaccio profumato: è un dolce, se così possiamo chiamarlo, semplicissimo, ma molto energico e nutriente. Con l’aiuto di una frusta amalgamate della farina di castagne con acqua qb, del trito di rosmarino e una presina di sale. Dovrà risultare una pastella fluida che farete riposare per qualche ora. Quando acqua e farina saranno divenute un tutt’uno dolcificate con una manciata generosa di uvetta bio, poi aggiungete pinoli, noci o mandorle, un po’ di olio evo e una spolverata di cannella. Oliate una teglia e versatevi il composto che spolvererete con un trito di rosmarino. Infornare per circa 1\2 ora a 180°. La farina di castagne non si trova sempre, e va tenuta in frigo o comunque in un luogo fresco perché si altera facilmente. Vi velo un trucco: se a questo impasto vi aggiungerete uno zester di buccia di arancia e dei semi di finocchio in polvere, sarà il vostro ingrediente segreto che vi aiuterà a digerire meglio le castagne! Con le fette di questo meraviglioso dolce possiamo ora sbizzarrirci a montare una mattonella golosa. Tagliate il castagnaccio a fette, a porzione utilizzerete 3 fette, quindi moderatevi con le dimensioni delle fette che farete. Disponete in un piattino la prima fetta, spalmatela con un miele agrumato nel quale avrete fatto riposare delle scorzette di mandarino deamarizzate, un trito di finocchietto fresco o barbe di finocchio, uvetta e scaglie di mandorle o noci. Adagiatevi sopra un’altra fetta di castagnaccio e ripetete l’operazione fino all’ultima fetta. Otterrete una torretta-mattonella di castagnaccio goloso. Risulterà fantastico accompagnato da una pioggia di fiori bianchi o da uno sciroppo di fiori di acacia.
Articolo scritto per Rock&Food
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